Repubblica.it
Cultura
I corsari della letteratura, ecco perché pubblichiamo nel dark web
Nelle profondità della Rete non si muovono solo trafficanti di armi, droga e informazioni rubate. Ci sono anche poeti, artisti e scrittori che credono nella lettura anonima. E che adesso hanno una rivista culturale, “The Torist”. Le interviste ai protagonisti di STEFANIA PARMEGGIANI
26 aprile 2016
I corsari della letteratura, ecco perché pubblichiamo nel dark web
NOI anonimi. Siamo cultura… Gli utenti senza volto che si muovono nel dark web sono stanchi di essere considerati dei criminali. Mercanti di droga, di armi, di informazioni rubate. Peggio ancora, pedofili e terroristi. Nell’Internet profondo, quello che sfugge ai normali motori di ricerca, ci sono persone che credono nel diritto di scrivere, ma soprattutto di leggere in modo anonimo. Discutono di sorveglianza, copyright, arte digitale, libertà creativa. E lanciano progetti di resistenza culturale come The Torist, la prima rivista letteraria del dark web. Il debutto è stato a gennaio, una settimana fa l’annuncio del secondo numero: si cercano opere di saggistica, narrativa, poesia e arte visiva.
Nel frattempo è nata in Francia una rivista gemella. Editori e autori diversi, ma stesso nome e stesso ambiente di pubblicazione: la rete Tor, creata nel 1996 dai laboratori della Marina statunitense per proteggere le comunicazioni del governo, oggi utilizzata da chiunque voglia navigare nell’anonimato. Per capire chi sono e cosa vogliono i “ribelli della cultura” abbiamo intervistato uno dei fondatori della rivista, ma anche uno scrittore e un collettivo di artisti che hanno deciso di sostenere il progetto. Non sempre le conversazioni sono avvenute in chiaro: siamo stati invitati a usare mail crittografate e a parlare su Signal, l’app di messaggistica usata anche da Edward Snowden.
Robert W. Gehl, volto pubblico di The Torist: “Nel dark web non ci sono solo criminali”.
Professore dell’università dello Utah, specializzato in tecnologie della comunicazione, autore di saggi di critica economica, sociale e politica dei new media, Robert W. Gehl, è il volto pubblico della rivista The Torist. L’ha fondata insieme a Gmh, un utente che ha scelto il suo pseudonimo come omaggio al poeta inglese Gerard Manley Hopkins e che ha deciso di restare nell’ombra.
Che tipo di letteratura e di arte si possono incontrare negli abissi della Rete?
“Ci sono social network e blog che ospitano scritti interessanti e arte digitale molto creativa. L’unica caratteristica comune è la riflessione sulla sorveglianza e sulle possibilità espressive del digitale. Sono attraversate da un sentimento che si può riassumere in “noi contro loro””.
Che ruolo pensi rivestano nel dark web le riviste letterarie e le biblioteche?
“È difficile rispondere. Ci sono un bel paio di biblioteche, che tendono ad avere libri piratati. In questi casi i fondatori hanno una prospettiva radicale, pensano che l’informazione debba essere totalmente libera, non amano il diritto d’autore e i lucchetti digitali degli ebook”.
Perché The Torist è stata pubblicata con una licenza Creative Commons?
“Sono un fan di Creative Commons. Mi piace l’idea che altre persone possano condividere e sviluppare il lavoro creativo. L’edizione francese è un esempio. Dopo essersi consultati con noi, hanno trasferito lo spirito dell’idea originale di Gmh nel loro lavoro”. In questo caso il volto pubblico è quello di Thomas Deslogis.
Perché ha deciso di usare il suo vero nome?
“A essere onesti ho cambiato idea molte volte e alla fine ho deciso di usare il mio nome come una specie di liason con il clear web. Con la mia identità posso accedere facilmente alle reti accademiche e creative, ma se The Torist decolla potrei smettere di usarla in modo che Gmh sia libero di sottolineare gli aspetti anonimi del progetto”.
Gli attivisti per la libertà di Internet hanno vinto o perso la loro battaglia?
“Internet è paradossale. Un sacco di persone traggono piacere e speranza dalla possibilità di comunicare in tutto il mondo, leggono e imparano cose nuove. Allo stesso tempo Internet è stato catturato dagli stati e dalle aziende che hanno pesantemente investito nel monitorare quello che facciamo in rete e che cercano di plasmare il nostro futuro, sia attraverso la pubblicità mirata che “proteggendoci” dalle idee e dalle persone che chi è al potere considera dannose. Internet ha contribuito a dare origine a nuove pratiche editoriali, eppure è stato un canale terribile di sfruttamento degli esseri umani. Ha visto una fioritura di opinioni, ma contribuisce anche alla normalizzazione del razzismo e del sessismo. Non so se c’è qualcuno che vinca o perda qui, ma credo che la via da seguire sia la sperimentazione e la provocazione”.
KairUs: “L’arte nel dark web è arte politica”. KairUs è un collettivo di artisti, Linda Kronman (Finlandia) e Andreas Zingerle (Austria), che concentra i suoi sforzi creativi sul rapporto tra uomo e tecnologia. Dal 2010 si occupa di frodi informatiche, sicurezza dei dati, etica delle community… Per uno dei suoi ultimi lavori, “Behind the Smart World”, KairUs è andato fino in Ghana, nella più grande discarica di rifiuti tecnologici al mondo. Qui ha acquistato 22 hard disk e li ha rigenerati scoprendo foto, mail, video, testi che i proprietari pensavano di avere cancellato per sempre. Li ha utilizzati per opere che mettono in discussione il nostro consumismo tecnologico e il destino dei rifiuti elettronici.
Linda Kronman e Andreas Zingerle, perché avete deciso di pubblicare un saggio sulla rivista The Torist?
“Il dark web ha avuto molta pubblicità a causa delle attività criminali che vi avvengono, ma noi lo consideriamo uno spazio pubblico, oggi uno dei pochi luoghi dove non si è monitorati e dove si può agire nell’anonimato. Pubblicare nel dark web un testo che parla delle nostre opere è per noi una decisione politica”.
Che tipo di arte s’incontra nel dark web?
“Il dark web è simile alla prima Internet, quando gli utenti dovevano trovare gli indirizzi web da varie fonti e non potevano affidarsi ai motori di ricerca. E’ più emozionante fare un piccolo sforzo per trovare lavori interessanti che accontentarsi di un elenco manipolato da algoritmi che offrono qualcosa in base ai comportamenti precedenti. A nostro avviso l’arte sul dark web è anche arte politica: dichiara la necessità di un una rete alternativa, più sperimentale e meno concentrata a trasformarci nel consumatore perfetto”.
Gli attivisti della rete libera hanno perso o vinto la loro battaglia?
“Se accetteremo che la privacy possa essere sacrificata in nome della sicurezza e soprattutto per ottenere “servizi migliori”, perderemo la battaglia. Ma finché ci sono persone che lavorano per delle alternative in cui la privacy e la sicurezza sono il servizio migliore, vuol dire che stiamo imboccando la direzione giusta. La net neutrality è una battaglia in corso, non è vinta e nemmeno persa. Come artisti possiamo sostenere la causa utilizzando strumenti alternativi e pubblicando contenuti in spazi alternativi, per spingere le persone ad esplorare e utilizzare loro stessi queste strade”.
J. M. Porup: “Non ci può essere una società libera senza il diritto di leggere nell’anonimato”. J. M. Porup è un reporter che si occupa di cybersecurity. Tra le testate per cui ha scritto anche Slate, The Economist e Motherboard. Autore di cinque guide Lonely Planet in America Latina e di romanzi, su The Torist ha pubblicato un testo distopico, ambientato in un’America dove il presidente controlla i sistemi di informazione e manipola l’opinione pubblica.
Cosa pensa di “The Torist”?
“La cultura può prosperare solo in una società libera, ma noi non viviamo in una società libera. Noi viviamo in Internet, vale a dire uno stato di sorveglianza totale. La polizia segreta esiste per rafforzare lo status quo e sopprimere il dissenso. I governi criminali considerano ogni deviazione dalle norme sociali come una minaccia e così scrittori, artisti, musicisti finiscono sotto sorveglianza, proprio come i criminali, gli spacciatori e i terroristi. Stiamo sperimentando una nuova inquisizione, nella quale presunti criminali e “streghe” vengono colpiti solo perché sono diversi”.
Chi è il reale pubblico della rivista? Chi frequenta il dark web o tutti gli utenti di Internet?
“The Torist è per chiunque. La cultura può prosperare solo in una società libera e non ci può essere una società libera senza il diritto di leggere nell’anonimato. In passato, sulla carta, tutti leggevano in forma anonima. Se vogliamo evitare un brutale futuro da incubo, uno stivale che calpesta un volto umano per sempre, come ha scritto Orwell, allora abbiamo bisogno di costruire un mondo in cui la lettura è ancora una volta anonima. Sviluppare sistemi
di crittografia e strumenti per l’anonimato su scala globale è l’unico modo di recuperare la nostra libertà perduta. Che senso ha? La libertà politica è il prerequisito perché la cultura esista. In una dittatura la cultura appassisce e muore”.
Tags
Argomenti:
dark web
hacker
the torist
droga
Armi
informazioni
arte
letteratura
net neutrality
Protagonisti:
Robert W. Gehl
KairUs
Linda Kronman
Andreas Zingerle
J. M. Porup
© Riproduzione riservata
26 aprile 2016
da Taboola
Guarda Anche
Milano, blitz nel boschetto della cocaina: i pusher tentano la fuga, arrestati
Prince e la Rete, Assante: ‘Da pioniere a grande assente’
Usa, coppia continua a baciarsi anche durante la rapina al locale